Tra le forre spumeggia e corre violenta l’acqua fredda del torrente appena nato. Ad un primo sguardo sembra un ambiente inospitale, fatto di fragore frastornante e forza continua dell’acqua, che addomestica addirittura la roccia, levigandola.

Mi lascio trascinare dall’impeto dell’ acqua verso valle, il letto del torrente e le pareti della gola scorrono via: un susseguirsi di forme dolci e morbide. Penso che dovrebbe essere così anche per noi: alla violenza bisognerebbe rispondere con l’opposto.

Sotto questi turbinii, al contrario di quello che sembra, l’acqua è pressoché ferma su sé stessa. Una trota fario ha la tana qui sotto, probabilmente è selvatica, ma discende da vecchie introduzioni da parte dell’uomo per la pesca “sportiva”, che ne avranno sporcato la genetica.

L’acqua schizza via sulla sua testa, ma quasi impassibile sta lì, ferma nella sua conca.