Svanisce tutto. Svanisce il dolore sulla faccia scottata dall’acqua gelida, sparisce il torpore del piede per il calzare della muta che non protegge più dall’acqua fredda: rotto durante la vestizione per il troppo entusiasmo. Poche decine di secondi al cospetto di questa meraviglia, nascosta all’ombra delle pieghe morbide della roccia, bastano per cancellare tempo e freddo.

Questa grossa trota marmorata ha scelto come tana una culla fatta di roccia, riparata all’ombra della parete sovrastante. Il disegno sui suoi fianchi sembra dipinto da un’artista onnisciente – il tempo – per nasconderla da sguardi indiscreti.

Poco lontano i barbi nuotano sul fondo della profonda buca, alla luce del sole e senza vergogna, mentre lei sta lì immobile e invisibile. Rubo questo scatto e riemergendo la guardo dalla superficie: nonostante l’acqua cristallina permetta di vedere il fondale di quasi una decina di metri, intuisco a stento la grossa sagoma. Ritorno a rabbrividire, ma sapere che esiste e che resiste, è il regalo più bello.